La mia intervista per LoSpecialeGiornale del 1 febbraio 2018
Bufale economiche. Quali sono? Le più gigantesche della storia economico-finanziaria dei nostri tempi sono basate su teorie sballate o su teorie comprovate? L’economista Ilaria Bifarini, web influencer e autrice di successo del libro “Neoliberismo e manipolazione di massa- Storia di una bocconiana redenta”, snocciola le fake news in questione per Lo Speciale, puntando il dito contro la grande evasione fiscale sì, ma quella “delle banche e delle grandi Corporation”. E poi svela cosa c’è dietro al totem del debito pubblico, alla flat tax, alle privatizzazioni e al tetto del rapporto deficit-pil al del 3%. Morale dell’intervista: non abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità, ma qualcuno (e dice chi) ha creato “una questione morale su un argomento prettamente economico le cui cause andrebbero approfondite diversamente”.
Spiegherebbe ai nostri lettori perché se tutti pagassero le tasse il debito pubblico si estinguerebbe… o non è proprio così?
La settimana scorsa è stato pubblicato un articolo di dubbia validità scientifica secondo il quale se tutti pagassero le tasse in 18 anni si potrebbe sanare il debito pubblico. In realtà non esiste e non è mai stata riscontrata nessuna relazione significativa tra il livello di evasione e il debito di un Paese. Anzi, al contrario se noi osserviamo Giappone e Stati Uniti, che hanno il più alto debito pubblico al mondo, notiamo che in questi paesi il livello di evasione è bassissimo. E’ la solita strumentalizzazione da parte dei media mainstream che vogliono puntare il dito sull’evasione, sui piccoli evasori, attribuendogli la colpa della crisi economica, facendo riferimento agli affitti in nero e ai piccoli imprenditori, ma senza far alcun riferimento alla grande evasione fiscale da parte delle banche e delle grandi Corporation. Si vuole scatenare la solita guerra tra poveri, strumentale poi alla preservazione dello status quo”.
Passiamo alla flat tax, aiuta solo i ricchi?
“La Flat Tax, così come è stata studiata, in realtà non aiuterebbe solo le fasce ricche della popolazione ma anche i più deboli attraverso l’introduzione di un sistema di detrazione e di deduzioni. Tuttavia, rimane non progressiva verso l’alto, quindi sarebbero avvantaggiate le fasce di reddito più alte e in questo modo lo Stato non eserciterebbe il potere di redistribuzione della ricchezza che può effettuare attraverso lo strumento della tassazione. Ad ogni modo è urgente e improcrastinabile una semplificazione e una riduzione significativa della tassazione delle nostre imprese, che si trovano schiacciate dalla competizione internazionale anche in ambito fiscale”.
Privatizzare è la soluzione per il Paese e quali rischi?
“Privatizzare vuol dire svendere il nostro bene pubblico senza risolvere il problema della crisi e del debito attuale e metterlo per lo più in mano ad investitori stranieri. Questo ha ripercussioni notevoli sul livello dei salari (che entrano nel sistema perverso della concorrenza sfrenata che è propria del modello neo liberista) e sull’abbassamento ulteriore della qualità dei prodotti e dei servizi. Si vuole estromettere il ruolo dello Stato dalla politica economica: questo è quanto suggerisce l’Unione Europea per risanare il debito pubblico. In realtà nonostante le privatizzazioni che sono avvenute negli ultimi anni il problema del debito pubblico rimane e anzi continua a salire. Quindi privare il proprio Paese di asset pubblici fondamentali per il proprio sviluppo e per la fruibilità e la qualità dei servizi non è altro che controproducente per l’economia di una Paese”.
Si afferma anche che gli aiuti pubblici uccidono la concorrenza e il Pil, ma allora le banche che in Europa li hanno avuti?
“In realtà è proprio vero il contrario. Infatti esiste una relazione diretta tra le dimensioni del governo e il reddito pro capite dei cittadini. Perché un’economia aperta, sviluppata e competitiva possa prosperare, è necessario che ci sia un intervento da parte dello Stato. E che quindi uno Stato offra tutele alle fasce di popolazione più debole in modo che possa funzionare la dinamica del libero mercato. Attualmente avviene l’esatto opposto e gli aiuti pubblici sono rivolti ai salvataggi delle banche. Siamo di fronte a un sistema bancario ipertrofico che non produce ricchezza reale ma soltanto speculazione, evade ed elude i propri profitti e i cittadini si trovano a dover finanziare un simile sistema che è deleterio per la crescita e per lo sviluppo”.
La globalizzazione fa bene all’economia e non si può fare a meno di questo modello. E’ vero?
“La globalizzazione è stato un processo che ha portato degli indiscutibili miglioramenti nell’ambito dello sviluppo economico e del progresso industriale. Tuttavia ci troviamo in una fase successiva della globalizzazione, la cosiddetta iperglobalizzazione, dove a rischio sono la sopravvivenza della democrazia e degli Stati nazionali. Secondo quello che in economia viene chiamato il trilemma di Rodrik dal nome dell’economista turco Danil Rodrik, esiste una relazione diretta di incompatibilità tra democrazia, stato nazionale e globalizzazione. Quindi se spingiamo oltre la globalizzazione, come è già avvenuto, dobbiamo rinunciare o allo Stato nazionale o alla democrazia. Di fatto, alla democrazia stiamo già rinunciando: ci troviamo di fronte a quella formale ma completamente svuotata del suo contenuto sostanziale, la cosiddetta democrazia apatica. Ora ci dicono, e questo sta avvenendo attraverso l’Unione europea e ancora di più attraverso l’eurozona, di rinunciare anche allo Stato nazionale in nome di una governance internazionale inefficace e carente. D’altronde le esigenze e le peculiarità dei singoli Stati sono troppo forti perché possano essere ingabbiate entro regole e istituzioni comuni. L’iperglobablizzazione dunque, secondo questo trilemma, è incompatibile con la democrazia”.
Il limite del 3% da rispettare è salutare per l’economia dei Paesi Ue. È una regola corretta dice Berlusconi…
“Il limite del 3% del rapporto deficit-pil non è assolutamente salutare per l’economia. La prova è che l’Italia si trova a generare un avanzo primario da ben 24 anni con una sola eccezione nel 2009, quindi in realtà paghiamo più di quanto riceviamo e questo non può essere salutare per l’economia e il suo sviluppo. Non si può riuscire a pareggiare il bilancio attraverso politiche di riduzione del reddito nazionale senza occuparsi del problema della disoccupazione come insegnava Keynes. Credo che Berlusconi, che si è anche smentito parlando di regole ingiuste e poi negato, sia più preoccupato del giudizio dell’Unione europea e degli osservatori internazionali. D’altronde, mai come in questa campagna elettorale, si era assistito a un’ingerenza così forte da parte di pressioni esterne e poteri internazionali”.
Abbiamo vissuto sopra le nostre possibilità?
“Non siamo vissuti sopra le nostre possibilità, se osserviamo l’andamento del debito pubblico italiano vediamo come abbia riscontrato un’impennata notevole a partire nel 1981, anno del divorzio tra Banca Italia e il Tesoro. Schizzerà negli anni successivi per poi rientrare in un piano di contenimento il cui il trend verrà interrotto con la crisi finanziaria e mondiale del 2008, che non è una crisi da debito pubblico ma una crisi generata da un fattore di debito privato. Si vuole alimentare questa concezione per la quale ci sono Paesi come il nostro spendaccioni, i cosiddetti PIGS, che hanno vissuto oltre le proprie possibilità e che quindi le misure dure, inefficaci e deleterie dell’austerity imposta dalla Troika e dalle istituzioni finanziarie internazionali siano la giusta pena da espiare per i peccati connessi. Quindi si è creata una questione morale su un argomento prettamente economico le cui cause andrebbero approfondite diversamente”.
1 comments On Bufale economiche: “La verità su debito, evasione, Flat Tax e…”
Non ho studiato economia,ma ogni volta che si parla di società di capitale e di consigli di amministrazione,il mio pensiero va ai privilegi contrastanti (a proposito di attendibilità e veridicità del bilancio) del socio di maggioranza relativa,nella prerogativa di potere egli scegliere,sindaci,probiviri ed addirittura i “REVISORI dei CONTI”.
Per contro nelle Corti di Appello,i giudici popolari sono scelti con sorteggio dall’anagrafe pubblica.
Non mi risulta che mai sia stata presentata tesi di laurea che abbia trattato il concetto di SUPER PARTES nelle revisioni di bilancio delle società di capitale.