Le trappole della comunicazione. Bias cognitivi e camere d’eco

Nell’era dell’iperinformazione, avviata con lo sviluppo della rete e amplificata dall’utilizzo dei social media, abbiamo accesso a una quantità di notizie pressoché sconfinata. Come reagisce il nostro cervello a questo flusso continuo di stimoli?

Per dare una risposta a un quesito così complesso ci viene in aiuto una nuova, o meglio giovane, branca della scienza economica, l’economia comportamentale, che integra la teoria economica con le conoscenze della ricerca psicologica.

Personaggio centrale nello sviluppo di tale disciplina è lo psicologo Daniel Kahneman, premio Nobel per l’economia nel 2002. Le sue ricerche sperimentali hanno rivelato come il nostro cervello utilizzi delle scorciatoie mentali semplificatrici, le cosiddette euristiche, frutto del processo di adattamento della specie. In pratica mette in atto procedimenti mentali intuitivi e veloci, quasi istintivi, che lo portano a valutare e a prendere decisioni secondo schemi che non richiedono uno sforzo cognitivo per l’individuo. Le manifestazioni di queste euristiche sono gli errori sistematici che tendiamo a commettere utilizzando costrutti fondati al di fuori del giudizio critico, i cosiddetti bias cognitivi. Si tratta per lo scienziato americano di “preconcetti che ricorrono in maniera prevedibile in particolari circostanze”, come se un’entità fuori dal nostro controllo scegliesse automaticamente al nostro posto.

Il premio Nobel per l’economia Daniel Kahneman

Quali sono i bias cognitivi?

I bias cognitivi sono numerosi, ma esaminiamo qui i più rilevanti, che adottiamo quando siamo sommersi da una marea di informazioni tra le quali districarsi, come avviene nel caso dei social network.

A giocare un ruolo da protagonista è senz’altro il bias di conferma, ossia la tendenza a ricercare e prediligere le informazioni che confermano le nostre credenze iniziali. Esperimenti psicologici hanno dimostrato come gli individui raccolgano o ricordino le informazioni in modo selettivo e interpretino prove ambigue a sostegno della loro posizione preesistente. L’azione di tale bias provoca un eccesso di fiducia nelle opinioni personali e impedisce persino di mutare posizione di fronte a prove contrarie evidenti. Alla base di questo automatismo mentale c’è sia l’attitudine a credere che si realizzi qualcosa in cui speriamo (wishful thinking) sia la limitata capacità umana di rielaborare le informazioni. Inoltre, per il singolo individuo è certamente meno oneroso convalidare le proprie idee iniziali piuttosto che impegnarsi in una faticosa analisi comparativa e scientifica che ne testi la validità.

A rafforzare questo comportamento concorre un altro bias, quello dello status quo, una distorsione valutativa legata alla resistenza al cambiamento, per cui si tende a non prendere decisioni che possano alterare lo stato attuale, anche se potrebbero essere conveniente. Ogni cambiamento è percepito come una perdita.

A influenzare le nostre opinioni c’è poi il bias di ancoraggio, che porta a legarsi a un’informazione iniziale con cui si è venuti a contatto, considerata come “ancora”, per formulare giudizi successivi durante il processo decisionale. I contenuti affini a essa tendono a essere assimilati, mentre quelli che si discostano solitamente vengono allontanati.

Effetti analoghi al bias di conferma sono indotti dal bias di gruppo, che induce a sopravvalutare le capacità e il valore del proprio gruppo, qualunque natura esso abbia (sociale, culturale, ecc.) e a sminuire e discriminare qualsiasi gruppo estraneo. Questo errore cognitivo genera l’attitudine, molto frequente negli ambienti culturali e accademici, a favorire persone appartenenti al proprio gruppo e a escludere persone esterne, evitando così il confronto e rafforzando le proprie credenze.

Effetto camera d’eco

L’azione congiunta di tali bias ha una portata esplosiva all’interno del microcosmo dei social, divenuto proiezione del mondo reale. La mole infinita di contenuti veicolati non solo non aumenta il livello di conoscenza dell’utente, ma al contrario porta a rafforzare le proprie idee iniziali e a identificarsi con un gruppo virtuale che le rappresenta. Anziché approfondire e analizzare in modo comparativo argomentazioni diverse dalle proprie, si tenderà a ignorarle e perfino a denigrarle.

Si viene così a creare il fenomeno delle “camere d’eco”, ossia delle campane di vetro in cui i preconcetti personali sono amplificati dalla comunicazione e dalla ripetizione degli stessi messaggi all’interno di un sistema chiuso. Dentro una camera d’eco gli utenti possono trovare informazioni che convalidano le loro opinioni preesistenti e attivare il bias di conferma. Questo fenomeno rafforza le credenze e le radicalizza, senza nulla aggiungere all’informazione e alla conoscenza. Il risultato è l’oltranzismo ideologico al quale assistiamo e partecipiamo, in cui il dibattito e il confronto politico sono stati sostituiti dalla tifoseria e della violenza verbale. Non vi è alcuno spazio per elaborare un pensiero critico e svincolato dai bias, vince la legge tribale.

4 commenti On Le trappole della comunicazione. Bias cognitivi e camere d’eco

  • “Non vi è alcuno spazio per elaborare un pensiero critico e svincolato dai bias, vince la legge tribale”. E’ proprio vero, ma purtroppo i sistemi che non si rinnovano nel confronto e attraverso il confronto sono destinati a scomparire, come le grandi dittature novecentesche, che utilizzavano al massimo l’efficacia dei meccanismi psicosociali indicati dallo studioso e che continuano ad operare ancora oggi, nella dittatura bipartitica americana e nelle dittature polipartitiche nostrane, oltre che in quelle tradizionali monopartitiche ancora esistenti. Solo un dio ci può salvare, dicevano Horkeimer e Adorno, ma forse è il dio della provvidenza che ispira visioni libere, che riaprono le menti alla critica, all’impegno e alla filosofia. Grazie, sempre, a Ilaria Bifarini.

  • Scusi, mai sui social, principalmente “Facebook” e “Twitter”, viene propagandata la solita sbobba globalista neoliberista già presente e strombazzata pure sui media mainstream ovvero su TV e giornaloni, insomma, si tratta solo di una propaganda fatta per una seconda volta.

    Quindi il vero problema è alla radice, perché ancora nel 2020 TV e giornaloni devono e vogliono fare il lavaggio del cervello h 24 con la solita sbobba globalista di stampo neoliberista?

    Cui Prodest?

    Risposta: alle elite eurocratiche che hanno tanto a cuore la globalizzazione selvaggia.

    E’ possibile riformare efficacemente il sistema dei media mainstream?

    Risposta: ovviamente si, ma nessuno propone seriamente ed efficamente qualcosa di veramente serio ed efficace in questo senso.

    Come mai?

    Io un’idea me la sono fatta magari la dico una prossima volta.

    La saluto e le segnalo questi due spunti di riflessione:

    A. “Il vero potere risiede nelle mani dei detentori dei mass media”, Licio Gello, uno che di intrghi e complotti ne capiva un pochetto….

    B. “Oggi le idee soffocano”
    di Guido Grossi per “Sovranità Popolare”
    21 dicembre 2019

    Puoi parlare, ma non puoi pretendere di essere ascoltato!

    Nelle democrazie contemporanee chiunque provi a criticare seriamente il Potere costituito trova porte sbarrate nel sistema mediatico. Non è semplice crederlo, se non lo hai sperimentato.

    Ogni giorno che passa un cittadino va a cozzare più o meno accidentalmente contro una realtà totalmente diversa da quella che viene raccontata da TV e giornali e, grazie alla propria esperienza professionale, “intravede” aspetti che sfuggono agli altri.

    Se è una persona curiosa e di carattere, si mette a studiare. Scopre allora una realtà davvero sorprendente; approfondisce, si accorge di non essere l’unico ad aver fatto la scoperta e questo lo conforta: non è pazzo! Continua così a documentarsi con maggior vigore, fino a “vedere” con chiarezza qualcosa che è troppo importante per non essere condiviso. Il “pensiero anomalo” va raccontato al mondo intero.

    Scrive ai giornali, cerca contatti in TV, con qualche politico locale o nazionale…

    A questo punto, sistematicamente, tocca con mano quanto sia impenetrabile il sistema mediatico “ufficiale”, controllato minuziosamente dal potere.

    Proseguimento:

    https://www.sovranitapopolare.org/2019/12/21/oggi-le-idee-soffocano-idee/

    TheTruhSeeker

  • La prospettiva esposta è molto interessante. C’è da chiedersi se questi “meccanismi” del pensiero (l’espressione, mentre la formulo, mi sembra un ossimoro, me è sicuramente appropriata), non siano amplificati, oltre che dalla quantità di informazioni ricevute, anche da altri fattori.
    Per prima cosa, le informazioni non sono (o meglio, non dovrebbero essere) tutte uguali e di egual peso. In effetti, non lo sono nel mondo reale della vita in cui le cose sono dotate di una semantica, significano, cioè, in profondità, un significato che ha a che fare con l’essere e la realtà e che impegna la persona in più o in meno a seconda della qualità delle cose e del rapporto che si ha con esse. Un dialogo vis à vis con una persona che amiamo o rispettiamo profondamente non ha lo stesso peso nella nostra attenzione o nella nsotra memoria, di parole pronunciate accanto a noi da degli sconosciuti. Invece, sui “social” tutto è uguale e standardizzato e dunque i bias cognitivi potrebbero operare senza interferenze di altro tipo (positive o negative che siano).
    In secondo luogo, credo che ad essere determinante, sia soprattutto la difficoltà di gestione delle informazioni che è ovviamente maggiore in rapporto alla loro quantità, ma anche in rapporto alla loro eterogeneità e al loro disordine. Inoltre, anche le capacità del singolo di gestire molte informazioni, grazie, ad es. a strumenti cognitivi appresi o a capacità mentali personali, giocano evidentemente un ruolo e possono determinare risultati differenti da individuo a individuo. Se questo è vero, l’assenza, nella maggior parte degli uomini di oggi, di quadri teorici consapevoli come quelli appresi dallo studio delle scienze umane, dalla storia, dall’antropologia, ecc. , non può che renderli più vulnerabili al bias di conferma che opererà allora su quadri di riferimento per lo più inconsci ed inconsapevoli e per questo più difficili da gestire criticamente.
    Infine, altri fattori, come l’ansia (anche quella da perdita di consenso sugli stessi social), la frenesia di fare e la fretta connesse all’iperattività di tutti, sono fattori psicologici importanti che possono rafforzare grandemente i bias studiati da Kahneman

  • una forma particolare di bias di gruppo, secondo la mia esperienza, sono i bias di chat (ad esempio whatsap) . Chi non si allinea al sentire della maggioranza viene poco per volta emarginato per provocarne l’uscita.

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