L’ossessione per la CO2 e il cambiamento climatico

La CO2 è ormai diventata il nuovo terrore dell’umanità: tutto viene ricondotto, con enfasi smisurata, all’emissione di anidride carbonica, il sicario climatico per antonomasia, capace di porre fine alla nostra esistenza sul pianeta. Le politiche energetiche dell’Ue e di molti altri Paesi sono votate pressoché totalmente all’abolizione di questa sostanza fatale. Eppure, come spiega tra gli altri James Hansen, astrofisico e climatologo statunitense, si tratta di un elemento essenziale per la vita, in quanto parte integrante del ciclo di produzione dell’ossigeno che respiriamo: le piante assorbono l’anidride carbonica e attraverso la fotosintesi clorofilliana la scompongono, combinando il carbonio con l’acqua per ottenere lo zucchero, loro nutrimento, e scartando l’ossigeno, che viene respirato dagli animali per produrre la reazione chimica inversa indispensabile alla vita. La CO2 diffusa nell’aria stimola la crescita delle piante, tanto che è comune l’utilizzo di generatori di anidride carbonica nelle serre commerciali per migliorare la resa delle coltivazioni.

Secondo le rilevazioni della Nasa, il mondo è letteralmente più verde ora di quanto non lo fosse vent’anni fa. Grazie ai dati raccolti dai satelliti nel corso degli ultimi vent’anni, si è riscontrato che le aree ricoperte dal verde sono aumentate del 5% rispetto ai primi anni 2000, una superficie equivalente al totale di tu0e le foreste pluviali amazzoniche. Almeno il 25% dell’aumento è localizzato in Cina e oltre un terzo della copertura del suolo terrestre si sta rinverdendo, mentre il 5% imbrunisce.

Si possono enumerare altre incongruenze circa l’ipotesi che la CO2 sia la causa principale del riscaldamento globale. Se è vero che la concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera è in costante aumento dagli anni Quaranta del Ventesimo secolo, al contrario la temperatura media della Terra registrata dai satelliti di osservazione manifesta variazioni piuttosto erratiche, irregolari da un anno all’altro, ma caratterizzate, come abbiamo visto, da alcune tendenze rilevanti: declino dal 1940 al 1975, aumento dal 1975 al 1998, stabilità dal 1998, a dimostrazione di come la temperatura possa diminuire nonostante l’aumento di anidride carbonica.

 

 

Proprio durante il famoso Trentennio Glorioso del Dopoguerra, quando le industrie pesanti funzionavano a massimo regime, si riscontrò un leggero raffreddamento climatico in Europa; gli scienziati e gli ambientalisti dell’epoca predissero che le temperature si sarebbero abbassate a causa delle polveri aeree che bloccavano i raggi solari. L’ossessione per il riscaldamento climatico è in realtà alquanto recente: fino a metà degli anni Settanta l’allarme prospettava il pericolo di un raffreddamento globale e solo successivamente climatologi, ecologisti, politici e tu0o il circo mediatico hanno convogliato la psicosi verso la questione del riscaldamento, con un’inversione a U repentina e molto disinvolta.

In un libro pubblicato nel 1976, il giornalista scientifico Lowell Ponte annunciava:

Il raffreddamento ha già ucciso centinaia di migliaia di persone nei Paesi poveri (…). Il raffreddamento globale rappresenta per l’umanità la più importante sfida di adattamento politico e sociale che deve affrontare da decine di migliaia di anni a questa parte.

Anche il climatologo David Archibald si è posto in controtendenza rispetto alla narrazione odierna, pronunciandosi in merito alla fase più fredda che il Sole starebbe attraversando, con conseguente diminuzione delle temperature sul nostro pianeta. Dopo il picco del 2016, a suo giudizio, la Terra si starebbe gradualmente raffreddando, con una variazione annua media di -0,03°C, da cui la proiezione futura circa un ritorno entro dieci anni alla curva termica di quarant’anni fa. Nello specifico, questa tendenza al raffreddamento solare sarebbe dovuta all’aumento dei neutroni, con effetti diretti sulla formazione delle nuvole: maggiore è la quantità di neutroni, più numerosi sono i siti di nucleazione delle nubi nell’atmosfera.

Il punto non sta nel decidere se gli scienziati possano o meno cambiare idea – la quintessenza della scienza prevede che la verità di oggi possa diventare l’errore di domani – il problema verte semmai sull’arroganza di gran parte della comunità scientifica, spesso contraria a riconoscere i propri abbagli, specialmente quando la propaganda dei canali di divulgazione asseconda un opportunismo comune anche ai politici.

La narrazione costruita intorno alla questione climatica in realtà è ingannevole e fuorviante già a partire dalla terminologia utilizzata: l’espressione cambiamento climatico è priva di senso, poiché per definizione il tempo atmosferico e il clima cambiano costantemente, per loro stessa natura. Analogamente, è inappropriato parlare di clima irregolare, dove l’irregolarità implicherebbe la preesistenza di una regola fissa, uno standard, una costante immancabile; nessuno sa dirci tuttavia quale sarebbe questa norma, né a quale periodo farebbe riferimento: al clima preistorico, a quello dell’Optimum medievale, o alla cosiddetta Piccola era glaciale?

(testo tratto da “BLACKOUT. La transizione ecologica e la deriva dell’Occidente“)

2 comments On L’ossessione per la CO2 e il cambiamento climatico

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  • La colpevolizzazione dei popoli è sempre stata tra le tecniche più astute del potere, il quale sempre vorrebbe ridurli a masse manipolabili. Anche quella dell’allarmismo climatico, come comprendiamo dal suo libro, “Blackout”, rappresenta un’ennesima trovata per farci assorbire politiche restrittive, che impoveriscono e, di conseguenza, rendono proclivi alla sudditanza. Per fortuna, però, la gente, da qualche anno, sembra essere un po’ più consapevole, come testimonia l’accanimento della censura, pronta a isolare e tacitare ogni voce dissonante. Non ci riusciranno, così come non riescono più, già da ora, a oscurare i contributi che giorno per giorno offrono, soprattutto sulla rete, tanti intellettuali che , come Lei, si spendono a favore di una coscientizzazione sempre più estesa. Grazie sempre, per il Suo impegno.

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