Dove sono finiti i miliardi di aiuti umanitari ai paesi Africani? Perché dopo la fine degli imperi coloniali non si è avviato un modello di sviluppo e di crescita? Cosa spinge gli attuali flussi migratori di massa provenienti dall’Africa subsahariana?
A queste e altre domande risponde “I coloni dell’austerity. Africa, neoliberismo e migrazioni di massa”, il mio nuovo libro con prefazione di Giulietto Chiesa, esaminando le cause del mancato sviluppo del continente africano. Il saggio ripercorre la storia economica postcoloniale, passando per la crisi del debito dei paesi del Terzo Mondo, l’omicidio di Thomas Sankara e l’applicazione di politiche di apertura al libero scambio, liberalizzazioni e tagli alla spesa pubblica. A fronte di una incontrastata narrazione buonista, che attribuisce al passato coloniale la colpa dell’attuale esplosione del fenomeno migratorio, non tutti sanno che la Banca mondiale e il Fondo monetario internazionale hanno fatto del Terzo Mondo il laboratorio di sperimentazione delle loro politiche economiche neoliberiste.
A permettere che delle istituzioni finanziarie internazionali esercitassero un potere coercitivo sulla politica e l’economia di Stati sovrani è stata la loro condizione di indebitamento. Attraverso lo strumento dei prestiti condizionati sono state concesse somme di denaro per aiutare i paesi indebitati attraverso accordi che prevedono “condizionalità”, ossia l’adesione da parte dei paesi in difficoltà a riforme economiche di aggiustamento strutturale, fatto di apertura commerciale, incentivo alle esportazioni e alle importazioni -piuttosto che alla produzione e alla nascita di un’industria locale-, liberalizzazioni, privatizzazioni e tagli alla spesa pubblica.
Paradossalmente, la soluzione della crisi del debito diventa la causa di un ulteriore indebitamento. I nuovi prestiti concessi per rimborsare il vecchio debito, provocano un ulteriore aumento dell’ammontare del debito.
E’ assurdo come le stesse misure che hanno condannato l’Africa alla povertà endemica e a un sottosviluppo senza via d’uscita vengano riproposte oggi in tutto l’Occidente, Europa in primis. Le similitudini sono impressionanti: dalla strumentalizzazione del debito per imporre le misure di austerity all’adozione della moneta unica (in Africa il franco CFA), al fenomeno dell’emigrazione della fascia più giovane della popolazione alla ricerca di nuove speranza (dall’Italia sono emigrati circa mezzo milione di giovani in un decennio).
Se non verrà posto un freno all’applicazione universale di un modello economico rivelatosi fallimentare lo scenario che si prospetta a livello globale è quello di una “terzomondizzazione” dell’Occidente e di una globalizzazione della povertà senza frontiere.
L’Africa siamo noi.
(da ScenariEconomici)
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