Economia comportamentale e bias cognitivi

Economia comportamentale e bias cognitivi: cosa sono e come influenzano la nostra vita quotidiana, dall’informazione alle scelte di consumo fino a quelle elettorali.

 

 

 

2 comments On Economia comportamentale e bias cognitivi

  • “Tifoseria politica”, “bullismo mediatico”, “pensiero fatto puramente d’istinto, fatto di pancia” …, “informazione veloce contro pensiero lento”, …. . Grazie sempre ad Ilaria Bifarini per fornirci tante chiavi di lettura e soprattutto concetti per leggere il nostro tempo, riscoprendo l’esprit de finesse pascaliano, contrapposto ad un nuovo esprit de geometrie cartesiano, che sta tentando una nuova mathesis universalis economica per dominare il mondo sulla base di interessi forti che manipolano sotto le vesti delle matematiche universali.

  • Giunti a questo punto, sarebbe forse il momento di porsi alcune altre domande che potrebbero portare a sviluppi oltremodo interessanti.
    Per prima cosa, i bias cognitivi sono veramente qualcosa legato primariamente al processo evolutivo immaginato dagli specialisti e sono dunque veramente identici per tutti gli esseri umani? O, piuttosto variano in maniera determinante in base alla cultura e alla visione e percezione profonda del mondo che vi è connessa? La diffusione di un “uomo globalizzato” potrebbe dare oggi l’illusione che sia vera la prima ipotesi, ma uno studio antropologico presso popolazioni non toccate da questo modello potrebbe dare sviluppi interessanti, in senso differente.
    In secondo luogo, i bias sono un dato immodificabile, una volta per tutte, di cui si può solo tenere conto, eventualmente cercando di “correggerne” gli effetti attraverso il pensiero razionale, oppure sono qualcosa che può modificarsi, anche se è legato a fattori molto più profondi del pensiero discorsivo, fattori che hanno a che vedere con il corpo e le relazioni umane fondamentali e la cognitività profonda che gli è legata?
    E ancora, essi rappresentano un puro e semplice dualismo rispetto alla razionalità, oppure sono solo l’emergenza, maggiormente visibile, di qualcosa che riguarda anche i fondamenti della razionalità stessa? Dietro questa domanda sta tutta le visione pregiudiziale dell’uomo moderno, del carattere originario, assoluto, e conseguentemente unico, della razionalità: se la razionalità è in sè indipendente da principi più profonndi e non fondata su altro che se stessa (razionalismo) allora si può anche pensare che essa sia unica per tutti gli uomini come la facoltà razionale stessa e che dunque esista una razionalità universale valida ugualmente per tutti gli uomini. L’esperienza storico-antropèologica suggerisce però che le cose non stanno in questo modo. Se, al contrario, la razionalità si fonda essa stessa su “mattoni” sovra razionali, legati all’intuizione/percezione del mondo, essa non sarà più affatto unica e varierà in base al contesto reale di vita, storico/sociale e antropologico. In questa ipotesi, i bias sarebbero non più il frutto inevitabile delle esigenze di economicità del pensiero, ma la effettiva modalità (che può essere più o meno efficae e comportare, più o meno distorsioni, da cultura a cultura) in cui questo processo di economizzazione si realizza, in stretta complementarietà/opposizione con le strutture profonde della stessa razionalità. La razionalità, a sua volta, non sarebbe più unica per tutto il genere umano in qualsiasi epoca e contesto, ma esisterebbero molte razionalità e l’dea di un modello razionale unico, presupposto della teoria economica neoclassica ed anche della maggior parte delle correnti di quella attuale sarebbe un pregiudizio mistificante…

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